sabato 15 agosto 2015

Un racconto sull'Eurovision - Terza puntata



Rieccoci al nostro appuntamento letterario ed estivo. Quale migliore occasione di una giornata di festa e di serenità, in città o in giro, per l'Italia o per l'Europa, di passarsi un po' di tempo con le storie di Fausto e della persona che gli succede di incontrare?

A voi:

5.
La Luce del Nord è quella luminosità che acquisiscono i raggi del sole quando vengono schermati da un cielo coperto di nuvole chiare. 
La Luce del Nord fa giorno chiaro, e concede l'ottimismo che ti attiva la luce, ma non ferisce gli occhi come la Luce Mediterranea.
La Luce del Nord rischiarava le lastre di ardesia rossa della facciata d'ingresso della Malmoe Arena, lo stadio di casa della squadra di hockey su ghiaccio della città svedese, che quest'anno era stato scelto come palco dell'Eurovision Song Contest.

Fausto guardava l'arena dall'altra parte della strada, attraverso l'ampio e chiaro piazzale di pietra grigia movimentato da alcune aiuole da dove spiccavano diversi giovani ontani.

Era diretto al Press Centre, subito a lato dell'Arena, dove aveva un appuntamento fissato con il cantante rappresentante di Malta, che si chiamava Luke. Fausto aveva mandato una mail di richiesta di intervista all'indirizzo indicato come Press, e aveva ricevuto velocemente una risposta cortese che, in parte in inglese e in parte in italiano, lo invitava per quel giorno alle undici e venti, dopo il rehersal.

La sala stampa era molto meno luminosa dell'esterno, ed era illuminata da alcune luci al neon attaccate al soffitto, non troppo forti da dare l'idea di un'ospedale, ma non abbastanza forti da essere l'unica fonte di luce. La luminosità era concentrata nei punti essenziali, ai tavoli della reception e sui tavoli da lavoro dei giornalisti.

Per le interviste era stato predisposto uno spazio ampio. Intorno a nove pali alti fino al soffitto che volevano rappresentare degli alberi stilizzati, punteggiati da migliaia di piccole lampadine illuminate, era stato posizionato, su tre lati, un recinto costruito con liste di legno sovrapposte a formare figure geometriche e profondità irregolari. La parete di fondo era stata coperta di drappi neri, e vi erano stati appesi sopra dei quadri di arte pop che rappresentavano varie personalità famose nel mondo, oltre alla vincitrice dell'anno prima. Intorno al recinto erano stati posizionati dei punti luce, schermati da strutture di plastiche colorate che davano nel complesso l'idea di una serata passata a rilassarsi in un bar moderno e alla moda, piuttosto che di trovarsi, in fondo, in un luogo di lavoro.

Fausto si accomoda dentro la Interview Lounge, e attende l'arrivo di Luke. Lo vede dopo poco, uscire dal corridoio che collega la Sala Stampa con l'Arena, circondato dai suoi backings, mentre sta salutando svariate persone che lo fermano. "Camicia bianca sotto giacca grigio scuro", non può fare a meno di pensare, mentre Luke si avvicina.
Si presentano e poi si siedono.
Fausto ha sempre cercato di fare interviste con una certa fantasia. Le domande che aveva sentito spesso ripetere da tanti giornalisti, che probabilmente erano solo ansiosi di farsi vedere, tenere in mano un microfono e parlare con il proprio cantante preferito, gli sembravano estremamente banali. Come: "Che emozioni hai provato quando hai capito di aver vinto", nelle varianti "quando hanno detto che eri passato in finale" e "quando sentivi che ti davano dodici". Oppure "Hai fatto festa quando hai saputo di aver vinto/passare in finale".
E allora lui cercava sempre di concentrarsi sul significato della canzone che portavano all'Eurovision, sulle parole del testo o sulla messa in scena complessiva, e pensava che ogni canzone e cantante meritasse rispetto, per l'impegno che ci metteva.

"Allora, Luke, grazie per aver accettato l'intervista. Se non ci sono problemi, ti faccio le domande in italiano e tu rispondi in inglese". Luke annuisce e sorride. Fausto fissa Luke negli occhi, e parte con la prima domanda: "Quando è nata la tua passione per la musica, e quando è nata la passione per la medicina"
"Canto da quando sono piccolo, avevo sei o sette anni, insieme a tutti i miei fratelli e sorelle... - ha un momento di esitazione, sorride, abbassa gli occhi, li rialza e ricomincia, parlando in inglese - non saprei dire quando è iniziata, si può dire che è cresciuta mentre crescevo. E anche la passione per la medicina, probabilmente è iniziato tutto quando vedevo mio padre nelle sue crisi di asma. Non che non potesse curarsi, ma lo vedevo così, quand'ero piccolo, e allora dicevo che avrei voluto fare il dottore per curare mio padre".

Mentre Luke parlava, Fausto cercava di mantenere la concentrazione, ma i suoi pensieri si concentravano su altri particolari... [Che bel sorriso che si ritrova, e quando sorride, sorride con gli occhi. E poi quel modo di abbassare gli occhi.... Cos'è questa cosa che sento?].

Un attimo di esitazione, due parole per prendere tempo: "Ecco.... sì..." e torna a concentrarsi sull'intervista, traduce in italiano la risposta e passa all'ultima domanda: "Sei di famiglia italiana, che rapporti hai con l'Italia?" e Luke, sorridendo, di nuovo in italiano: "Sono stato a Firenze, a Venezia, e a Torino. Il mio Paese ha un legame [... un legame....] con il tuo, e poi capisco bene l'italiano, e me la cavo anche a parlarlo, ho imparato quando ero piccolo e vedevo i cartoni animati, non ce lo insegnano a scuola - si gira verso i suoi backings, due parole in maltese e poi ricomincia in inglese - Non ce lo insegnamo a scuola, ma lo impariamo sul campo" e ride.

Appena finita l'intervista sono ancora lì, Fausto e Luke, mentre gli amici backings lo hanno salutato e sono tornati in albergo. Fausto guarda Luke, i capelli tagliati corti e pettinati senza un senso preciso all'indietro, la giacchetta corta, leggera e grigio scuro e la camicia bianca, prende coraggio e "Sei molto simpatico", con un leggero tremito che gli incrina la voce mentre si sforza di guardarlo negli occhi. "Anche tu".
Luke si incammina verso l'uscita, con Fausto a fianco. Dopo qualche passo, Fausto circonda la schiena di Luke con un braccio. E Luke fa lo stesso.

6.
L'Eurovision era finito, e le delegazioni erano tornate a casa. Fausto e Luke si erano salutati con la promessa di rivedersi a Roma appena possibile.

Dalla terrazza del Pincio si vedeva in basso Piazza del Popolo. Era sera e la piazza era illuminata, e le luci dei lampioni le davano una sfumatura giallo oro.
Fausto era seduto su una panchina della terrazza, Luke era sdraiato sulla panchina e teneva la testa sulle ginocchia di Fausto. Fausto gli accarezzava i capelli. Luke teneva un braccio alzato per accarezzare la guancia di Fausto.
Erano lì in quella posizione da un tempo infinito. Avevano girato per Roma tutta la giornata ed alla fine erano arrivati lì, e avevano visto il sole tramontare.

Roma era bella da vedere, ma a Fausto non era mai piaciuto portare i suoi amici, quelle rare volte che capitava, sui luoghi che solitamente attiravano la maggior parte dei turisti. Quando doveva presentare la sua Città ai suoi amici, li portava a vedere la chiesa sotterranea di San Clemente invece di San Pietro, e il quartiere Eur invece del Colosseo. Per gli amici tifosi della Roma aggiungeva lo Stadio Olimpico, e per gli amici dell'Eurovision gli studi di Cinecittà, perché lì si era tenuto l'ultima edizione organizzata dall'Italia.

- Diverso dal solito arrivare a Roma per vedere queste cose?
- Certo che Cinecittà non rientra nell'elenco delle principali attrazioni di Roma.
- Lo sai che a me sono sempre piaciute le cose diverse dal solito. Ho imparato perfino delle parole in estone. Chi se lo impara l'estone, fuori dall'Estonia?
- Non sarebbe il primo Paese che sceglie di cantare in inglese.
- Soddisfatto del tuo ottavo posto? - cambiando argomento.
- Eh beh, era un bel po' di tempo che non arrivavamo così alti.
- Però hai portato la canzone in inglese.
- Eh, è una delle possibilità. Ma sicuramente se ti vuoi far capire all'estero devi cantare in inglese.
- Però è un peccato. Sarebbe bello sentire una canzone in maltese all'Eurovision.
- E' sempre una scelta artistica. Grandi cantanti sanno cantare anche in inglese.
- Per me le canzoni esistono solo in lingua madre.
- Fausto, io ho cantato in inglese.
- Eh.
- Non è la mia lingua madre.
- Infatti hai sbagliato.
- Non penso di aver sbagliato. E' una scelta artistica, ti ripeto. Si può cantare anche in una lingua che non è la propria. E comunque, alla selezione, sono stato scelto io.
- Non tutti ti avrebbero sostenuto così tanto, se Kevin avesse evitato l'errore di non venire il giorno della semifinale.
- Magari possiamo anche essere umorali, da quelle parti, ma non credo che sia l'unico motivo, né il più importante, che mi ha portato a vincere.
- Però la canzone di Kevin era veramente bella. Era cantata in maltese. Poteva anche fare meglio del tuo risultato.
- E basta, Fa'. Cantare in lingua originale non è l'unico elemento che si valuta in una canzone. Sembra che la mia canzone non ti piaccia per qualche altro motivo. Fausto, ti piace la mia canzone?
- ...
- Anche il silenzio ha una voce...
- On vaikusel see võim heliseda.
- Eh?
- Il silenzio ha il potere di risuonare. E' una delle canzoni dell'Estonia. In lingua originale.
- Non ti nascondere dietro ad affermazioni che nessuno potrebbe contestare.
Un momento di silenzio. Luke lo guarda con gli occhi seri e fissi. Fausto rimane serio a fissarlo, e si rende conto che ha sbagliato.
- Non ti piace la mia canzone.... la mia canzone è parte di me, come tutte le cose che scrivo....
Un altro momento di silenzio. Fausto sembra stia per piangere, ma non riesce a dire una parola. 
Luke volta le spalle a Fausto. - Ciao - gli dice da dietro le spalle, con una decisa freddezza.

E Fausto sente nelle orecchie la voce del suo pensiero: "Che c'entra l'Estonia con noi?", ma Luke si è già allontanato, e ormai ha perso l'occasione di dirglielo.

7.
Una sera tipica delle ottobrate romane, quando è passato il tempo dell'estate e non è cominciato ancora l'autunno, un periodo di passaggio in cui c'è abbastanza fresco nell'aria che non è ancora però freddo, e l'asfissio della calura estiva è all'incirca un ricordo.
In quella sera, la sera del giorno dopo, Luke stava seduto a quel tavolino, da solo, e si guardava intorno e vedeva solo coppie sedute ai tavoli vicini, quelle che gli sembravano coppie felici, mentre in testa gli si arrovellavano pensieri e prese di posizione contrastanti. Era stata colpa sua? Era stato il suo atteggiamento a sembrare quello freddo? E perché non riusciva a spiegarsi questo blocco, questa tensione, questo slancio che tentava di reprimere, quando parlava con Fausto? E però si sentiva sereno quando stava con lui, e dall'altra parte si sentiva in colpa per provare queste sensazioni.
Mentre pensava così, sente una voce dietro le spalle:
- Ciao - dice Fausto
- Ciao!!! - risponde Luke, alzandosi quasi di scatto e sbattendo la gamba contro il ripiano del tavolino, così forte da farlo traballare.
- [Non ci pensare, fallo e basta, non ci pensare, fallo è basta]
Luke stringe Fausto nelle braccia e lo bacia in bocca. Brevemente, di fretta. Si stacca e rimane a guardarlo negli occhi, ed ha paura della sua reazione.
- Ecco... - quasi per riempire un vuoto, e gli occhi di Fausto si illuminano. Stringe Luke nelle spalle e stavolta lo bacia lui, più a lungo e dolcemente. Poi lo guarda, e quegli occhi già dicono tutto:
- Sono felice quando sto con te, e ci voglio rimanere per sempre.
- Ho paura. Vorrei ma ho paura di non riuscirci da solo.
Allora si abbracciano, e rimangono abbracciati per un tempo che sembra indefinito, e l'abbraccio è il sigillo alla loro riappacificazione.
Si prendono per mano e si siedono al tavolo, e dopo aver ordinato è Fausto che prende parola:
- Sapevo di trovarti qui....
- Lo sapevi?
- Sì, me l'avevi detto che ti piaceva particolarmente questo baretto....
- E tu te lo sei ricordato?
- Mi ricordo tutto di te...
- Tutto....
- E ero venuto a cercarti....
- A cercarmi... - e a Luke si illuminano gli occhi
- Sì, perché ho una notiziona da darti...
- Che notiziona? - e Luke già ci spera.
- La RTS di Capodistria mi ha offerto un lavoro!
- Un lavoro? - un groppo nella voce.
- Sì, hanno detto di aver letto i miei Diari...
- I tuoi diari...
- Sì, e mi vogliono affidare un programma radiofonico, dove dovrei raccontare vita, società e costumi dei Paesi europei.
- Tutti i Paesi europei?
- Sì, uno a settimana, tutti i Paesi che parteciperanno alla prossima edizione dell'Eurovision.
- Ma ti dovresti trasferire a Capodistria?
- Eh beh, gli studi di registrazione sono lì....
- Ma....
- Ma che?
- E noi?
- Cioè?
- Noi, noi insieme, che fine facciamo?
- Beh, quel programma è una proposta interessante....
- Sì, ma noi? Ci siamo baciati un attimo fa. Non vuol dire niente?
- Beh, potresti trasferirti con me... e poi gli ho già detto di sì...
- E al nostro futuro non hai pensato?
- Guarda che ieri abbiamo litigato....
- E adesso abbiamo fatto pace, o no? Perchè sei venuto a cercarmi?
- Perché sei la persona a cui tengo maggiormente di dirlo.
- E a noi non hai pensato? Io ho la mia vita, o cerco di avere la mia vita a Malta, poi ti incontro e mi si sconvolge l'esistenza, finiamo anche a litigare e poi arrivi e la cosa più importante che ti senti di dirmi è che da qui a quando, una settimana?
- Un mese....
- Un mese! Da qui a un mese prendi e te ne vai in Slovenia? E io sono la persona a cui tieni maggiormente di dirlo? Ma accidenti a te e a quando ti ho incontrato!
- Ma....
Luke si alza rumorosamente, quasi sbatte dieci euro sul tavolino, e se ne va.
Fausto lo guarda allontanarsi senza avere la forza di alzarsi, ritorna sul suo senso di colpa, fissa i dieci euro sul tavolino, poi si guarda le mani, per un momento pensa che sono meno affusolate di quelle di Luke. Poi si copre gli occhi e comincia a piangere nell'indifferenza generale.

venerdì 14 agosto 2015

Il Volo orgoglio italiano


Sono passati sei mesi da quando abbiamo ascoltato per la prima volta "Grande amore" al Teatro Ariston di Sanremo. Pensammo subito "questa vince il Festival e anche l'Eurovision", non eravamo gli unici a pensarlo, e ci siamo andati vicini: "Grande amore" ha vinto Sanremo grazie al televoto e per il pubblico ha vinto anche l'Eurovision (ha stravinto il televoto in tutta Europa, dovendosi poi "accontentare" del terzo posto dopo il giudizio delle giurie).

Ieri sera l'abbiamo riascoltata dal vivo, a conclusione del magnifico concerto de Il Volo al teatro di Torre del Lago dedicato a Giacomo Puccini, e, se possibile, l'emozione è stata ancora maggiore. Ci sono ripassati nella mente questi sei mesi fantastici, in cui noi appassionati abbiamo sognato grazie a loro, in cui ancora una volta ci siamo sentiti orgogliosi di essere italiani grazie a questi tre giovani ragazzi che da anni portano la musica italiana nel mondo.

Nei prossimi mesi Gianluca, Ignazio e Piero continueranno il loro tour nelle arene, ci regaleranno un album di inediti e poi torneranno a girare l'Italia nei palazzetti dello sport, per ora noi di OGAE Italy possiamo solo ringraziarli per averci regalato un 2015 da protagonisti.

giovedì 13 agosto 2015

Matia Bazar, addio a Giancarlo Golzi


Grave lutto per i Matia Bazar e per la musica italiana. Se n'è andato improvvisamente, a 63 anni, per un infarto, Giancarlo Golzi, batterista e fondatore del gruppo. Si tratta della seconda tragica perdita per la band, dopo quella di Aldo Stellita, avvenuta nel 1998.

Originario di Sanremo, Golzi, insieme a Piero Cassano, costituiva il nucleo originario dei Matia Bazar, ed era il solo dei componenti a non avere mai abbandonato il gruppo (Cassano aveva lasciato dal 1981 al 1999 per tentare la carriera solista).

Nel 1979 il complesso ha rappresentato l'Italia all'Eurovision Song Contest, classificandosi al 15° posto con "Raggio di luna". Oltre a Golzi e ai già citati Cassano e Stellita, di quella formazione facevano parte Antonella Ruggiero, che nel 1990 ha lasciato il gruppo per iniziare una brillante carriera solistica, e Carlo Marrale, con la band fino al 1993.

Due le vittorie sanremesi che Golzi ha diviso con il gruppo: "... E dirsi ciao!" del 1978 (vocalist Antonella Ruggiero) e "Messaggio d'amore" del 2002 (vocalist Silvia Mezzanotte).

OGAE Italy si unisce al dolore della famiglia di Giancarlo Golzi e dei suoi compagni di strada vecchi e nuovi, e lo ricorda con la bella canzone eurovisiva che presentò i Matia Bazar al pubblico europeo.

Conchita, le vertigini e le tempeste di fuoco



E’ tempo di Gay Pride in molte città d’Europa e come sempre Conchita Wurst non manca di presenziare in giro per tutto il continente.
Questo fine settimana è toccato ad Anversa, dove Conchita ha rilasciato una breve conferenza stampa prima di salire sul palco.

Ci ha raccontato che negli ultimi 12 mesi molte cose sono cambiate. Ha avuto l’opportunità di promuovere il suo album ed il suo libro in molti paesi, mai si sarebbe aspettata una risposta tanto positiva in Australia ed in Giappone.
Durante l’estate continuerà a girare l’Europa partecipando alla stagione dei Pride Festivals perché è un momento ottimo per incontrare i fan e per passare un messaggio importante “Bisogna perdere la paura di perdere qualcuno” ed essere se stessi.  (Loose the fear to loose someone to be who you really are)

Non esclude di organizzare un tour vero e proprio, solo se potrà fare uno show come si deve.  Le piacerebbe molto avere una intera orchestra, ma si rende conto che non è così facile. Intanto ne approfitta, quando può, per esibirsi con band dal vivo, come è successo qui ad Anversa.

Tornando all’Eurovision Song Contest 2015 ci ha raccontato che l’ha vissuto in modo più rilassato perché non era in gara. Ha avuto l’opportunità di esibirsi e di divertirsi a condurre dalla Green Room. L’unico momento di terrore l’ha avuto quando nell’opening act della Finale ha dovuto volare. Aveva una paura enorme dell’altezza e non le è ancora passata. Almeno lo ha fatto con stile e con molto glitter, e se lo suggerisce di fare Beyoncé un motivo ci sarà.

Se ci aspettiamo di vedere una Conchita “sbarbata” dovremo attendere ancora molto, ora sta muovendo solo i primi passi nel mondo della musica, quello vero. Se la barba sparisce è solo per qualche giorno quando ha dei momenti liberi e sa di avere abbastanza tempo per farla ricrescere. Lo fa soprattutto per non essere riconosciuta, anche se in aeroporto in Australia è stata smascherata molto facilmente dall’addetta alla sicurezza che dopo aver controllato la sua carta d’identità le ha detto “You are the bearded lady!”. 

Il tempo di qualche foto ed era pronta per il suo concerto.


Gli organizzatori dell’Antwerp Pride hanno creato un mini Eurovision quest’anno. Infatti oltre a Conchita Wurst si sono esibiti sul palco del Grote Markt anche Alexander Rybak (in verità un gradito ritorno, era già stato ospite in passato) e la superstar fiamminga Natalia (già seconda nelle preselezioni del 2004 e acclamata giudice di The Voice of Vlaanderen)

Conchita si è esibita per ultima, letteralmente infiammando il pubblico con il suo nuovo singolo “Firestorm”, ma regalandoci altre tracce dal suo album.  Ha chiuso come giusto che fosse con “Rise like a phoenix”, che ha annunciato dicendo “I went to Eurovision…and it went quite well”.

Claudio Sartorelli

Si ringraziano per le foto Koen Panis e l'organizzazione dell'Antwerp Pride.